A volte ci si chiede con stupore mista ad amarezza se è possibile che, nel 2011, a scuola, degli insegnanti - che sono poi, anche educatori - possano agire in modo da manifestare pregiudizi verso un bambino "diversamente abile"...
Possiamo augurarci che le motivazioni addotte dai docenti stessi
in merito alla questione che ora esporremo, siano vere e che alla base
non ci sia un comportamento sbagliato frutto di una convinzione ancora
più sbagliata.Sulla Gazzetta del Mezzogiorno di oggi c'è un articolo su una bambina di Senise (Potenza), affetta da Sindrome di Down, che, a parere dei genitori, è stata vittima di una "scorrettezza" da parte degli insegnanti della scuola elementare da lei frequentata l'anno prima (la piccola frequenta attualmente la prima media).
In cosa consiste la scorrettezza?
Come sempre accade in ogni scuola, a fine ciclo di studi (ma anche a fine anno scolastico) ogni classe si fa scattare una foto-ricordo,
che poi viene incorniciata e donata all'alunno e alle famiglie, in
memoria della propria classe, dei compagni e dei maestri avuti per 5
anni.
Anche alla bimba è stata data una bella foto con i compagnetti... ma
quale stupore ha colto i genitori quando casualmente hanno coperto,
tempo dopo, che la loro figlioletta non compariva nelle foto-ricordo in
possesso degli altri scolari della stessa classe; insomma, le foto erano diverse!
Ovviamente, la cosa è stata fatta presente agli ex-insegnanti della bambina, i quali si sono giustificati in questo modo: "nella
foto data alla bimba non tutti i bambini son venuti bene, quindi si è
pensato di rifarne un'altra; ma il giorno in cui è stata scattata la
seconda foto, l'alunna non era presente a scuola, di conseguenza non
compare in foto; ci dispiace se abbiamo agito con superficialità, ma non
c'è stata malafede". Questa, in poche parole, la posizione dei docenti.
Qualcuno potrà crederci e pensare che davvero si sia trattato di una
svista; qualcun altro scuoterà il capo con disapprovazione, pensando che
ci troviamo ancora una volta davanti all'ennesimo caso di un'integrazione "mutilata" dei diversamente abili.
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