L’odio ai migranti nell’interesse della mafia
E’ mostruosa la strategia di Berlusconi, che indica come criminali proprio i migranti che sono le vittime delle organizzazioni mafiose associate di qua e di là del mare. Nei vistosi legami di Berlusconi con la mafia, questo scambio delle vittime coi carnefici risulta a maggior ragione cinico e crudele e crea un messaggio menzognero e fuorviante che fa il gioco della Lega e apre una caccia alle streghe di stampo nazista.
Il fascismo in parte oscurò i gruppi mafiosi, ma gli americani, dallo sbarco in Sicilia in poi, usarono proprio la mafia restituendole l’antico potere, mettendola a capo dell’amministrazione siciliane e ottenendo per i maggiori mafiosi siciliani un’amnistia generalizzata.
Ora Berlusconi strumentalizza i disgraziati migranti che arrivano coi barconi presentandoli come una valanga di criminali e tentando di annientare la pietà che si deve ai più infelici della Terra.
Si ripete il grande inganno nazista che demonizzò gli ebrei. La verità è rovesciata. Le vittime devono apparire colpevoli e pericolose agli occhi della gente, attraverso il seme dell’odio sociale.
Nelle parole spietate e menzognere di Berlusconi si crea un grande inganno mediatico che denigra questi poveretti spesso ridotti a schiavi identificandoli proprio con gli schiavisti che li sfruttano, mentre i loro persecutori godono di protezione pubblica.
Roberto Saviano ricorda che le uniche due rivolte nel sud contro la mafia di questi anni si devono proprio agli africani che hanno riempito le strade da soli contro i capibastoni che li trattano come bestie nell’indifferenza delle autorità civili, a Castevolturno, quando la camorra massacra 6 lavoratori africani, tutti giovanissimi, il più vecchio aveva 30 anni, poi a Rosario (RC) dove la camorra fattura coi raccolti agricoli cifre da PIL nazionale. E’ allora che centinaia di neri scendono in strada contro la mafia e chiedono protezione a uno Stato che sembra assente o corrotto anch’esso e che quegli sfruttatori li protegge e tiene liberi, adesso anche con la collusione anche della Lega.
Come nel sistema orwelliano o in quello nazista, Berlusconi rovescia ogni verità, pretende che noi crediamo all’inverosimile e usa l’arma dell’odio dell’uomo contro l’uomo come i peggiori regimi della storia.
Il paradosso massimo è la Lega che, dopo aver iniziato con una campagna contro i meridionali, ora ai mafiosi si associa proprio per una strategia di potere che niente ha più a che fare con la difesa del territorio locale. Se il suo massimo fine col federalismo è fare di ogni regione una similcopia della Sicilia, allora la sua degenerazione ha toccato i gradini più bassi della viltà e del mercimonio del potere.
E ora l’estremo oltraggio alla verità: i migranti presentati come organizzazione mafiosa. La beffa finale: lo scambio delle vittime coi carnefici per istigare l’odio sociale.
Eppure quei migranti che si ribellano chiedendo diritti non lo fanno solo per sé, ma per tutti quei milioni di siciliani e di italiani che hanno venduto la loro dignità accettando la mafia come sistema di governo, che hanno dimenticato che sull’odio sociale e sull’omertà di fronte ai delitti si costruisce la rovina di uno stato, la distruzione di noi tutti.
Dice Saviano che non esiste alcun potere in questo flusso enorme di migranti che non sia prodotto e voluto dalla criminalità nostrana ma attaccare l’ultimo e disgraziato anello di questa catena lasciando indisturbato mandanti e profittatori è peggio che non far nulla, significa ordine un pesante inganno che con l’alibi di difendere un paese lo consegna in realtà nelle mani dei suoi aguzzini.
Saviano: “La mafia ucraina monopolizza il mercato delle badanti e degli operai edili, i nigeriani della prostituzione e della distribuzione della coca, i bulgari dell’eroina, i furti di auto di romeni e moldavi. Ma questi sono una parte minuscola delle loro comunità e sono allevate dalla criminalità italiana. Nessuna di queste organizzazioni vive senza il consenso e l’alleanza delle mafie italiane. Nessuna vivrebbe una sola ora senza l’alleanza con i gruppi italiani."
Avere un atteggiamento di chiusura e criminalizzazione aiuta le organizzazioni mafiose perché si costringe ogni migrante a relazionarsi alle mafie se da loro soltanto dipendono i documenti, le abitazioni, persino gli annunci sui giornali e l’assistenza legale.”
masadaweb.org
L'ITALIA VISTA DAGLI STRANIERI..
mercoledì 13 maggio 2009
Gli albanesi si danno alla politica
Leggete questo articolo, ma cosa sta succedendo in Italia.
La lega che punta sugli stranieri,infatti una cittadina di origine albanese ,oramai cittadina italiana sarà candidata a consigliera comunale per il Carroccio alle prossime elezioni.
Cos'hanno in Comune il nord'est e l'Albania ?
A dir la verità l'Albania ed nord-est Italia hanno moltissimo in comune.
Molte popolazioni emigrarono dall'Albania già 5 secoli fà e si insediarono nella parte nord'est fuggiti durantel'invasione dei turchi e poi moltissimi albanesi scesero giù nell'Italia Meridionale per stare piu vicino (via aerea) all'Albania.
La domanda è se anche in Albania ci sono i razzisti come in Italia ?
Oppure gli immigrati si dimenticano del loro passato e adesso giudicano gli irregolari ?
Certo io la vedo benissimo una donna straniera in politica sarà molto in gamba peccato che debba essere con la Lega Nord.
Ecco l'articolo
Sono albanese e corro con la Lega Nord
Viene da Durazzo Entela Metani, candidata a consigliera comunale per il Carroccio alle prossime elezioni. Una storia molto italiana (pardon, padana) di integrazione familiare
La Lega Nord non smette di presentare i candidati che non ti aspetti, che sia per il posto di sindaco (vedi Viggiù) o, più modestamente, per rimpolpare una lista locale "di bandiera". È il caso di Golasecca, dove nella lista targata Carroccio compare un nome che suona poco lumbard: Entela Metani. La 35enne è originaria di Durazzo, ma non più straniera: da giugno scorso è felicemente cittadina italiana. In lista compare insieme all'ingegner Gianantonio Calderara, consigliere comunale già candidato sindaco nel 2004, e a sua moglie Fanny (Francesca De Paoli), presso la cui abitazione vive da molti anni. Si tratta di amici di vecchia data di quel Bruno Specchiarelli, assessore provinciale all'agricoltura, cui la Lega ha affidato l'"operazione Golasecca", inclusiva - secondo i ben informati - di un "cambio in corsa" del candidato sindaco poco prima di presentare le liste.
Una cordata familiare quella leghista a Golasecca? In parte sì. E anche un pizzico multietnica, perchè no. Incontriamo Entela dai Calderara, per i quali è «una figlia», da quando è arrivata in casa loro tredici anni or sono. «Mi sono candidata perchè quelli che conosco io della Lega sono persone di fiducia» spiega la donna, «che si impegnano per il bene di Golasecca. E se posso contribuire anch'io all'amministrazione di questa comunità, mi fa piacere». «Entela non è una che "è venuta qui a fare la domestica perchè non sapeva fare altro"» premette la signora Fanny. «Al contrario: ha una buona istruzione, è una ragazza intelligente, sveglia, informata, parla tre lingue e ha del gran buonsenso. Poteva riuscire in qualsiasi attività, ma qui in casa nostra è lei che fa e disfa, decide e dispone. Ed è la persona giusta per aiutare questo paese. Con i suoi familiari mi sono ritrovata in casa cinque albanesi: e se devo giudicare da come li ho visti lavorare, a volte anche le domeniche, e comportarsi con correttezza, forse devo pensare che si sia un po' esagerato in certi giudizi».
«Sono in Italia dal 1994» spiega Entela. Sposatasi giovanissima, giunse con un ricongiungimento familiare per raggiungere il suo ex marito. Da subito a Golasecca. Alle spalle la vita, per noi non facile da concepire, nell'Albania comunista, un'infanzia all'ombra della figura oppressiva di Enver Hoxha. «Quando morì si pianse, ma sotto sotto si fece festa» racconta. Eppure ha nostalgia, non tanto delle durezze poliziesche e dei rigori ideologici del regime, quanto dell'ordine. Il padre di Entela era direttore di una scuola, la mamma operaia, la famiglia numerosa. «Si camminava tutti diritti allora» ricorda, «si era poveri, lavoratori, e onesti». E un tantino paranoici: il Paese era costellato di patetici bunker a migliaia, a scuola ai ragazzi si insegnava a montare e smontare fucili d'assalto. Ragazze incluse: «ma io ero scarsa in quello, e mi beccai un bel quattro in pagella...».
Entela ha le idee chiare sulla politica del suo paese: lì ha ancora una sorella. «Ramiz Alia aveva tentato una transizione graduale, come quella che volevamo, ma gli hanno tarpato le ali con l'ascesa di Sali Berisha. Con il crollo del regime, dal 1991, improvvisamente si è tolto il coperchio dalla pentola. Prima c'era ordine, dopo sono cominciate le violenze, gli sgarri, le vendette». Durazzo divenne famigerata, tra scafisti e mafie varie. La porta dell'Italia, il grande sogno. «La televisione italiana si guardava di nascosto sotto il regime, tanti hanno imparato la lingua così. Il Festival di Sanremo era l'evento dell'anno...»
Alle dipendenze dei Calderara, dopo un breve periodo di assestamento e la separazione dal consorte Entela si è rifatta una vita a Golasecca, trovandosi, dice, benissimo. «Il paese ha di buono la tranquillità, la gente mi ha accolto bene da subito». Entela ha potuto anche crescere una figlia, oggi quindicenne. Il difficile è stato ottenere la cittadinanza italiana: «Già bisogna attendere dieci anni per chiederla, poi ho dovuto aspettare quattro anni invece dei tre che di norma passano dopo la richiesta. È stato Specchiarelli a darmi la buona notizia, perchè dal Comune ad alcuni mesi dalla concessione ancora non avevo saputo nulla». Le chiediamo cosa pensi del voto agli immigrati di cui si discute ormai da anni. «Cinque anni di residenza come requisito forse sono pochi, ma diciamo che sette potrebbe essere un giusto termine» concede. «L'importante» precisa quando osserviamo che le posizioni della Lega sull'immigrazione sono per la linea dura, «è che chi immigra si renda conto che deve rispettare delle regole, lavorare e seguire la legge italiana con onestà, avere rispetto della casa e del Paese che li ospita. Non puoi fare il padrone in casa d'altri». In compenso puoi far sì che l'Italia (o la Padania, pardon) diventi casa tua. Se la Lega "di lotta" nei paesi avanza candidature "ardite" che sembrano negare quella xenofobia di fondo per cui viene attaccata, la Lega di governo, al contempo, respinge in Libia gli immigrati irregolari che, in testa il sogno dell'Europa, continuano a rischiare la vita attraversando il Sahara prima, il Mediterraneo poi. «Sono cose più grandi di me» dice Entela senza dare giudizi. «Io mi sono rifatta una vita lavorando, da regolare. Però è vero che tanti si sono sistemati e inseriti bene ed erano arrivati da clandestini».
12/05/2009
fonte : http://www3.varesenews.it/politica/articolo.php?id=140878
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La lega che punta sugli stranieri,infatti una cittadina di origine albanese ,oramai cittadina italiana sarà candidata a consigliera comunale per il Carroccio alle prossime elezioni.
Cos'hanno in Comune il nord'est e l'Albania ?
A dir la verità l'Albania ed nord-est Italia hanno moltissimo in comune.
Molte popolazioni emigrarono dall'Albania già 5 secoli fà e si insediarono nella parte nord'est fuggiti durantel'invasione dei turchi e poi moltissimi albanesi scesero giù nell'Italia Meridionale per stare piu vicino (via aerea) all'Albania.
La domanda è se anche in Albania ci sono i razzisti come in Italia ?
Oppure gli immigrati si dimenticano del loro passato e adesso giudicano gli irregolari ?
Certo io la vedo benissimo una donna straniera in politica sarà molto in gamba peccato che debba essere con la Lega Nord.
Ecco l'articolo
Sono albanese e corro con la Lega Nord
Viene da Durazzo Entela Metani, candidata a consigliera comunale per il Carroccio alle prossime elezioni. Una storia molto italiana (pardon, padana) di integrazione familiare
La Lega Nord non smette di presentare i candidati che non ti aspetti, che sia per il posto di sindaco (vedi Viggiù) o, più modestamente, per rimpolpare una lista locale "di bandiera". È il caso di Golasecca, dove nella lista targata Carroccio compare un nome che suona poco lumbard: Entela Metani. La 35enne è originaria di Durazzo, ma non più straniera: da giugno scorso è felicemente cittadina italiana. In lista compare insieme all'ingegner Gianantonio Calderara, consigliere comunale già candidato sindaco nel 2004, e a sua moglie Fanny (Francesca De Paoli), presso la cui abitazione vive da molti anni. Si tratta di amici di vecchia data di quel Bruno Specchiarelli, assessore provinciale all'agricoltura, cui la Lega ha affidato l'"operazione Golasecca", inclusiva - secondo i ben informati - di un "cambio in corsa" del candidato sindaco poco prima di presentare le liste.
Una cordata familiare quella leghista a Golasecca? In parte sì. E anche un pizzico multietnica, perchè no. Incontriamo Entela dai Calderara, per i quali è «una figlia», da quando è arrivata in casa loro tredici anni or sono. «Mi sono candidata perchè quelli che conosco io della Lega sono persone di fiducia» spiega la donna, «che si impegnano per il bene di Golasecca. E se posso contribuire anch'io all'amministrazione di questa comunità, mi fa piacere». «Entela non è una che "è venuta qui a fare la domestica perchè non sapeva fare altro"» premette la signora Fanny. «Al contrario: ha una buona istruzione, è una ragazza intelligente, sveglia, informata, parla tre lingue e ha del gran buonsenso. Poteva riuscire in qualsiasi attività, ma qui in casa nostra è lei che fa e disfa, decide e dispone. Ed è la persona giusta per aiutare questo paese. Con i suoi familiari mi sono ritrovata in casa cinque albanesi: e se devo giudicare da come li ho visti lavorare, a volte anche le domeniche, e comportarsi con correttezza, forse devo pensare che si sia un po' esagerato in certi giudizi».
«Sono in Italia dal 1994» spiega Entela. Sposatasi giovanissima, giunse con un ricongiungimento familiare per raggiungere il suo ex marito. Da subito a Golasecca. Alle spalle la vita, per noi non facile da concepire, nell'Albania comunista, un'infanzia all'ombra della figura oppressiva di Enver Hoxha. «Quando morì si pianse, ma sotto sotto si fece festa» racconta. Eppure ha nostalgia, non tanto delle durezze poliziesche e dei rigori ideologici del regime, quanto dell'ordine. Il padre di Entela era direttore di una scuola, la mamma operaia, la famiglia numerosa. «Si camminava tutti diritti allora» ricorda, «si era poveri, lavoratori, e onesti». E un tantino paranoici: il Paese era costellato di patetici bunker a migliaia, a scuola ai ragazzi si insegnava a montare e smontare fucili d'assalto. Ragazze incluse: «ma io ero scarsa in quello, e mi beccai un bel quattro in pagella...».
Entela ha le idee chiare sulla politica del suo paese: lì ha ancora una sorella. «Ramiz Alia aveva tentato una transizione graduale, come quella che volevamo, ma gli hanno tarpato le ali con l'ascesa di Sali Berisha. Con il crollo del regime, dal 1991, improvvisamente si è tolto il coperchio dalla pentola. Prima c'era ordine, dopo sono cominciate le violenze, gli sgarri, le vendette». Durazzo divenne famigerata, tra scafisti e mafie varie. La porta dell'Italia, il grande sogno. «La televisione italiana si guardava di nascosto sotto il regime, tanti hanno imparato la lingua così. Il Festival di Sanremo era l'evento dell'anno...»
Alle dipendenze dei Calderara, dopo un breve periodo di assestamento e la separazione dal consorte Entela si è rifatta una vita a Golasecca, trovandosi, dice, benissimo. «Il paese ha di buono la tranquillità, la gente mi ha accolto bene da subito». Entela ha potuto anche crescere una figlia, oggi quindicenne. Il difficile è stato ottenere la cittadinanza italiana: «Già bisogna attendere dieci anni per chiederla, poi ho dovuto aspettare quattro anni invece dei tre che di norma passano dopo la richiesta. È stato Specchiarelli a darmi la buona notizia, perchè dal Comune ad alcuni mesi dalla concessione ancora non avevo saputo nulla». Le chiediamo cosa pensi del voto agli immigrati di cui si discute ormai da anni. «Cinque anni di residenza come requisito forse sono pochi, ma diciamo che sette potrebbe essere un giusto termine» concede. «L'importante» precisa quando osserviamo che le posizioni della Lega sull'immigrazione sono per la linea dura, «è che chi immigra si renda conto che deve rispettare delle regole, lavorare e seguire la legge italiana con onestà, avere rispetto della casa e del Paese che li ospita. Non puoi fare il padrone in casa d'altri». In compenso puoi far sì che l'Italia (o la Padania, pardon) diventi casa tua. Se la Lega "di lotta" nei paesi avanza candidature "ardite" che sembrano negare quella xenofobia di fondo per cui viene attaccata, la Lega di governo, al contempo, respinge in Libia gli immigrati irregolari che, in testa il sogno dell'Europa, continuano a rischiare la vita attraversando il Sahara prima, il Mediterraneo poi. «Sono cose più grandi di me» dice Entela senza dare giudizi. «Io mi sono rifatta una vita lavorando, da regolare. Però è vero che tanti si sono sistemati e inseriti bene ed erano arrivati da clandestini».
12/05/2009
fonte : http://www3.varesenews.it/politica/articolo.php?id=140878
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